Références culturelles

(Sir) Peter Paul Rubens (Flemish, 1577 - 1640)
Marchesa Brigida Spinola Doria, 1606
Oil on canvas
152 x 99 cm
National Gallery of Art, Washington DC

On his long stay in Italy (1600–09) Rubens worked in Genoa, a prosperous seaport. He painted this proud Genoese aristocrat in 1606. It is 1 of number of female portraits Rubens made in Genoa, a city renowned as a paradise of women. The Genoese republic, governed by a wealthy oligarchy, granted women unusual respect and constitutional freedoms. The marchesa's image conveys both lively humanity and dignity and commands real physical presence. Her gaze, as well as the angle of the architecture, indicates the painting was meant to be seen from below. The painting was much larger before the canvas was cut down in the 19 century. The marchesa's pose is far from static; it is activated by light, by the diagonal flow of a red curtain, and by Rubens' brushwork. The marchesa's satin dress is built up of layers of translucent glazes and highlighted with thick, freely painted strokes.
Rubens combined this bold style—which he learned from his study of Venetian artists like Veronese, Tintoretto, Titian with the tradition for detailed, carefully observed surfaces from his native Flanders.

N.D.L.R. : Contemporaine de la Chaslerie.
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, "I Bari", 1595-96 - Olio su tela, 91x128 cm, Kimbell Art Museum, Forth Worth -

Una delle composizioni di maggior successo di Caravaggio sin dalla sua creazione. L'opera, di evidente influenza veneta (già Bellori, biografo del Merisi e di altri artisti, ravvisava nel dipinto un esempio dei "primi tratti del pennello di Michele in quella schietta maniera di Giorgione"), pose le basi di un nuovo tipo di pittura di genere che divenne subito molto popolare e che i seguaci di Caravaggio adottarono in grande scala. La scena mostra due giocatori di carte intenti a truffare un giovane signorotto: l'ingenua vittima, rilassata, sta per giocare la sua carta senza essersi accorta dell'uomo che alla sue spalle avvisa il complice, pronto a scattare. A livello tematico, la raffigurazione si rifà al teatro e alla coeva commedia d'arte, e allo stesso tempo funge da monito morale nei confronti dell'osservatore. In primo piano, sulla sinistra, è collocato anche un gioco del "backgammon", cosicché il dipinto serve da monito non soltanto contro le carte, ma contro i pericoli del gioco in generale. (Luca)

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, "La Buona Ventura", 1595-96 - Olio su tela, 115x150 cm, Musei Capitolini, Roma -

Oggi questo dipinto di Caravaggio viene considerato quasi all'unanimità la prima versione del soggetto. Insieme ai Bari, anch'esso faceva parte della collezione Del Monte. La scena, rifacendosi alla commedia teatrale dell'epoca, mostra una giovane zingara che col pretesto di leggere la mano ad un giovane signorotto nel frattempo non esita a sfilargli l'anello dal dito, approfittando dell'infatuazione del ragazzo. Nel palazzo del Cardinal Del Monte l'opera venne esposta di fronte ai Bari, anche se non nacque per esserne il pendant. Così riuniti, insieme i due dipinti acquisirono una forte valenza simbolica. (Luca)

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, "Maddalena Penitente", 1595-96 - Olio su tela, 122,5 x 98,5 cm, Galleria Doria Pamphilj, Roma -

Un dipinto la cui origine è ancora molto discussa, dal momento che non esistono fonti certe che ne attestino la provenienza. Qui Caravaggio non rappresentò la Santa intenta ad espiare le proprie colpe (com'era consuetudine sin dal Rinascimento) ma fermò l'attimo della fase transitoria della sua conversione. Maddalena, seduta su di una sedia insolitamente bassa, si lascia totalmente andare, come si può notare dalle lacrime che scendono sul suo viso, totalmente sopraffatta dall'intensa esperienza spirituale. Ha già abbandonato i suoi classici attributi, ma indossa ancora la sua veste di broccato. Di primo impatto, comunque l'immagine potrebbe essere scambiata per una semplice scena di genere data la sua semplicità. Anche il punto di vista è abbastanza inusuale: è rialzato, quasi a volo di uccello. Della modella che impersonò Maddalena, Caravaggio se ne servì anche per il precedente o di poco successivo "Riposo durante la fuga in Egitto". (Luca)

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, "La Vocazione di San Matteo", 1599-1600 - Olio su tela, 322 x 340 cm, Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma -

I due quadri laterali della Cappella furono realizzati nell'arco di un anno, tra il Luglio del 1599 e quello del 1600. E' probabile che Caravaggio mise innanzitutto mano al Martirio, ma le difficoltà incontrate nella progettazione della sua prima opera di grande formato lo indussero a dedicarsi alla scena della Vocazione. Il pittore scelse di enfatizzare il momento del Vangelo in cui l'apostolo accoglie la chiamata di Cristo - mirabile il modo in cui Caravaggio traduce la composizione, assimilabile ad un rilievo antico. Levi (il nome con cui è introdotto Matteo nei Vangeli), il pubblicano dalla lunga barba, è raffigurato nella metà sinistra del dipinto seduto insieme ad altri suoi compagni, decisamente sorpreso della chiamata. Gesù, all'opposto, tende il braccio verso Levi ordinandogli di seguirlo. Ad oggi l'identificazione di Matteo rimane ancora controversa: alcuni sostengono sia effettivamente l'uomo dalla lunga barba o addirittura il capotavola chino a contare i soldi, avvolto nell'ombra. In ogni caso, la lettura convenzionale vede nel vecchio barbuto il personaggio di Levi. Bellissimo il modo in cui Caravaggio traspone il racconto, la scena sembra essere ambientata in una qualsiasi osteria della Roma di allora, con gli occupanti che potrebbero ricordare tranquillamente personaggi degni dei Bari o della Buona Ventura. Il significato dopotutto è chiaro: nell'oscurità di quel covo e delle persone che lo occupano, Cristo porta luce e spezza le tenebre. Il fascio che proviene da destra, una perfetta diagonale che cade direttamente sul futuro Matteo, è l'unica sorgente di luce del dipinto. Altri dettagli degni di nota sono Cristo (una sottile citazione dell'Adamo michelangiolesco della Cappella Sistina) e San Pietro (quest'ultimo aggiunto successivamente per bilanciare meglio la composizione): sono le uniche figure abbigliate secondo i costumi tradizionali - volutamente contrapposti a quelli secenteschi degli altri personaggi - dettaglio volto a rivendicare la sacralità e la misticità della scena.

Facendo naturalmente un sunto, spero di aver scritto una descrizione la più completa possibile di quella che per me è l'opera più bella in assoluto di Caravaggio (e scusate ancora per essermi dilungato)! (Luca)

N.D.L.R. : Contemporain de la Chaslerie.
Pierre-Paul FOURCADE
rédigé le Mardi 11 Février 2014
Désultoirement vôtre ! - Généalogie et sagas familiales - Références culturelles
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Avec un couple d'amis, Paul et Babette, nous sommes allés voir dimanche "Philomena". Je n'ai pas été emballé car j'ai été freiné par les partis pris de ce film que je trouve caricaturalement anglo-saxons, comme la propension à bouffer du curé, en l'occurrence irlandais, ou la banalisation, voire l'apologie, de l'homosexualité. Ceci dit, j'ai trouvé que Judi DENCH était, comme toujours, remarquable de justesse et d'émotion.

En sortant du cinéma, Carole pleurait doucement.
Je m'en veux de n'avoir pas anticipé à quel point cette histoire de fille-mère, d'abandon et d'adoption la toucherait.
J'aurais dû m'en douter, je suis un sombre crétin.

Michel BERA
rédigé le Mardi 11 Février 2014
Journal du chantier - Désultoirement vôtre ! - Références culturelles
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Les jolies citations :

"Cassandre : je ne vois rien, Andromaque. Je ne prévois rien. Je tiens seulement compte de deux bêtises : celle des hommes et celle des éléments."

Jean Giraudoux - La Guerre de Troie n'aura pas lieu

[cité dans Le jour le plus bas/François Camé et Frédéric Filloux - Ed JC Lattès 1988 p203]

N.D.L.R. : Applicable à la restauration des monuments historiques. Comme peut-être, dans une certaine mesure, celle-ci :

Pierre-Paul FOURCADE
rédigé le Jeudi 13 Février 2014
Désultoirement vôtre ! - Archives, histoire, documentation - Références culturelles
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Le "Publicateur" fait sa une, cette semaine, sur le projet de vente du manoir de la Saucerie, avec, en gros titre : "Une vente scandaleuse ?" et en phrase d'accroche : "Restauré en partie grâce à des fonds soulevés par une association, le Manoir de la Saucerie, à La Haute Chapelle, vient d'être mis en vente. Scandaleux ou pas ? A vous de juger."

Cet appel au peuple souverain est en réalité lancé par un individu en mal de notoriété depuis toujours et dont on a pu mesurer ici l'inefficacité et la propension à multiplier les leçons de morale, comme s'il avait encore la moindre légitimité en la matière. Le "président DESGRIPPES", puisque c'est ainsi que le canard l'appelle, voudrait passer pour un "historien local" mais n'est qu'un vulgaire plagiaire des cancans colportés depuis CAILLEBOTTE, qu'il se borne pour l'essentiel à assortir de photos dans l'ouvrage sur les manoirs du Domfrontais qu'il a signé sans faire état de son pompage manifeste. A propos de la Saucerie, le "président DESGRIPPES" se dit "amer" et met en avant son prétendu "boulot de fou", "des heures et des jours de travail qui ne sont aujourd'hui pas récompensés", "même pas pour couvrir (ses) frais de route". Il ose traiter les vendeurs de capitulards et affirme que "C'est en partie le travail de (son) association qui permet de mettre le bien en vente à un tel prix" (636 700 €, paraît-il).

Cette prétendue enquête de moralité qui occupe une pleine page du journal, avec 4 photos à l'appui, se poursuit par un interrogatoire du propriétaire actuel, réduit à reconnaître qu'il n'a pas les moyens de poursuivre la restauration d'une demeure qui était dans sa belle-famille depuis 1450. Le journal ose imprimer cet aveu en gras.

Ô combien je trouve méprisable l'attitude de Bernard DESGRIPPES, même si elle ne me surprend pas, venant de sa part ! Et combien je regrette qu'au lieu d'appeler le public à prononcer une condamnation, l'hebdomadaire en question ne lance pas une souscription pour sauver ce manoir, qui est de loin le plus pittoresque et le plus emblématique du Domfrontais !

Là, ils auraient pu être utiles, enfin.
Là, ils sont absents, hélas.

P.S. : Par l'intermédiaire de leur "page Facebook", je suis entré en discussion avec la rédaction de cet hebdomadaire pour définir ce que pourraient être les contours d'une telle souscription. Pour qu'il n'y ait pas d'ambiguïté sur ma démarche, je leur ai précisé que ni moi, ni personne de mon entourage, n'était candidat au rachat de la Saucerie ni n'en avait les moyens.

P.S. 2 (du 26 juin 2020 à 3 heures) : Relisant ce message, je trouve qu'il donne une image trop négative de Bernard DESGRIPPES, sympathique animateur de la vie culturelle locale et excellent connaisseur de l'histoire du bocage et de sa parlure.

Pour autant, je persiste à considérer qu'il avait franchement déconné en suscitant cet article de presse. La question de la transmission du patrimoine est - je crois être assez bien placé pour le dire - très délicate à beaucoup d'égards. Il est malvenu qu'interfèrent des personnes extérieures au dossier, qui ne peuvent donc pas en connaître toutes les dimensions.

Je persiste non moins à considérer que la valeur marchande d'un monument historique peut se révéler très inférieure à son prix de revient, c'est-à-dire au total, même non actualisé, des factures réglées pour sa restauration.

A ce titre, le prix initial de mise sur le marché de la Saucerie, en 2014 donc, m'était apparu excessif, même si je ne l'avais jamais exprimé aussi nettement qu'ici.

Au-delà de ces péripéties et épiphénomènes, je souhaite très sincèrement que le châtelet d'entrée de la Saucerie, symbole emblématique de la Normandie, ait la chance de retrouver bientôt un maître d'ouvrage sensible à son charme exceptionnel et soucieux de lui faire passer sur cette Terre encore quelques siècles de bonheur.
Hendrick ter Brugghen
La Vocation de saint Matthieu, huile sur toile, 152 × 195 - 1620 (Musée des Beaux-Arts, Le Havre).

Hendrick ter Brugghen
Le Duo, huile sur toile, 106 × 82 - 1628 (Musée du Louvre, Paris)

Hendrick ter Brugghen
Le Concert, huile sur toile, 99,1 × 116,8 - 1626-1627 (ca.) (National Gallery, Londres)

N.D.L.R. : Presque contemporain de la Chaslerie.
Gian Lorenzo Bernini, "Busto di Scipione Borghese - I versione (particolare)", 1632 - Marmo di Carrara, grandezza al naturale, Galleria Borghese, Roma

Il ritratto dell'avido Scipione segnò il ritorno di Bernini alla scultura dopo qualche anno di inattività, essendo completamente assorbito dai lavori in San Pietro in Vaticano per conto di Papa Urbano VIII Barberini, grande amico del Cardinal Borghese.

Questo busto, nonostante la grandissima produzione ritrattistica dell'artista, rimane uno dei più grandi capolavori di questo genere di Gian Lorenzo: la soluzione compositiva e la scelta finale della posizione rendono Scipione più vivo che mai. Bernini decide di ritrarlo in un momento in cui il Cardinale si volge, sta per parlare; non a caso, per cogliere la spontaneità e l'essenza del soggetto da ritrarre, il grande scultore voleva che questo parlasse e si muovesse, senza stare in una posa vera e propria. Anche in quest'opera il virtuosismo di Bernini raggiunto tramite l'uso degli attrezzi è spettacolare: l'uso di raspe e scalpello, unito alla giusta levigatura e lucidatura permette all'artista di ottenere effetti mai raggiunti prima per rendere i vari tipi di incarnato- in moltissimi casi mai superati. Un'altra cosa degna di nota è sicuramente la lavorazione degli occhi, uno dei punti cruciali per l'efficacia del ritratto in generale.

Questo in particolare è la prima versione del busto: esiste una replica, pressoché identica, sempre alla Galleria Borghese. Bernini si trovò costretto a scolpire un altro ritratto (in tempo record, secondo il figlio Domenico in soli tre giorni, mentre per Filippo Baldinucci in quindici) a causa di un difetto del marmo comparso in corso d'opera, un cosiddetto "pelo", una fessurazione del marmo che rende il pezzo da lavorare molto fragile e decisamente antiestetico. Questo pelo, partendo dalla nuca del Cardinale, attraversa tutta la fronte rovinando così l'effetto finale del ritratto. Bernini in un primo momento decise di restaurare il pelo per cercare di salvare il busto, ma infine preferì scolpire una seconda versione per evitare di incappare nelle ire del committente, decisamente esigente.

In ogni caso, è nella prima versione - più rifinita - che possiamo cogliere tutta l'essenza dell'opera, un'esperienza unica per quanto riguarda la ritrattistica.

N.D.L.R. : Traduction automatique de ce texte, trouvée en ligne :

(début de citation)

Gian Lorenzo Bernini, « buste de Scipione Borghese-version (détail) », 1632-Carrare naturel en marbre, grandeur, Galleria Borghese, Rome le portrait de Scipion avare marquait le retour de la sculpture du Bernin après que quelques années d'inactivité, être complètement absorbé par les travaillent à St Peter au Vatican au nom du pape Urbain VIII Barberini, ami intime du Cardinal Borghèse.

Ce buste, en dépit de la production, le portrait de l'artiste de la grande demeure l'un des plus grands chefs-d'œuvre de ce genre de Gian Lorenzo : la composition et le choix final du poste faire Scipio plus vivant que jamais. Bernini décide à le représenter à la fois quand le Cardinal se transforme, sur le point de prendre la parole ; pas par hasard, pour capter la spontanéité et l'essence du sujet en peignant le grand sculpteur voulait cette parole et en mouvement, sans rester dans une installation réelle. Dans ce travail la virtuosité du Bernin, obtenue par l'utilisation d'outils est spectaculaire : l'utilisation de râpes et ciseau, combinée à l'adéquat de ponçage et de polissage permet à l'artiste à avoir jamais atteint avant les effets de faire diverses sortes de chair-dans bien des cas n'a jamais dépassés. Une autre chose de la note est sans aucun doute les yeux, l'un des points essentiels à l'efficacité de l'image en général.

C'est notamment la première version du buste : il y a une réplique, presque identique, toujours à la Galleria Borghese. Bernini a été obligé de se tailler un autre portrait (en un temps record, d'après son fils Domenico en seulement trois jours, tandis que pour Baldinucci en quinze ans) dû à un défaut du marbre est apparu au cours de la construction, une soi-disant "fourrure", un marbre qui rend la pièce très fragile et franchement inesthétique de fissuration. Ces cheveux, à partir de la nuque du Cardinal, traverse le front de ruiner l'effet final de l'image. Bernini dans un premier temps décidé de restaurer les cheveux pour tenter de sauver le buste, mais finalement choisi de se tailler une deuxième version, donc de ne pas se heurter à l'ire de l'orderer, très exigeant.

En tout cas, c'est dans la première version-plus fini que nous pouvons saisir l'essence de le œuvre, une expérience unique au sujet de l'art du portrait.

(fin de citation)

Presque contemporain de la Chaslerie.
Château de La Barge, XIIe-XVIe-XVIIIe s., “le château que bordait la Dore” de la romance de Chateaubriand, Courpière, Puy-de-Dôme, Auvergne
"Ma sœur, te souvient-il encore
Du château que bordait la Dore ?
(...)
Mon pays sera mes amours,
Toujours !"

Manoir de La Tour, près du hameau de Carque, commune de Saint-Pierre-Laval, Allier, Bourbonnais, région “Auvergne"

N.D.L.R. : Contemporains de la Chaslerie.

Mais il me semble que la citation exacte est plutôt la suivante :

Combien j'ai douce souvenance
Du joli lieu de ma naissance !
Ma sœur, qu'ils étaient beaux les jours
De France !
O mon pays, sois mes amours
Toujours !

Te souvient-il que notre mère,
Au foyer de notre chaumière,
Nous pressait sur son cœur joyeux,
Ma chère ?
Et nous baisions ses blancs cheveux
Tous deux.

Ma sœur, te souvient-il encore
Du château que baignait la Dore ;
Et de cette tant vieille tour
Du Maure,
Où l'airain sonnait le retour
Du jour ?

Te souvient-il du lac tranquille
Qu'effleurait l'hirondelle agile,
Du vent qui courbait le roseau
Mobile,
Et du soleil couchant sur l'eau,
Si beau ?

Oh ! qui me rendra mon Hélène,
Et ma montagne et le grand chêne ?
Leur souvenir fait tous les jours
Ma peine :
Mon pays sera mes amours
Toujours !
Frans Hals (Dutch, 1582/83–1666) | Merrymakers at Shrovetide | ca. 1616–17

The loud style of this early work by Hals suits its subject, which is Vastenavond (Shrovetide or Mardi Gras), a pre-Lenten carnival featuring bad food and worse behavior. Two characters from the comic stage, Peeckelhaering (Pickled Herring) and Hans Wurst (John Wiener?), cozy up to a young "lady" with a Dutch boy haircut and a bull neck. Hans's gesture, the deflated bagpipe, and other motifs comprise a chorus of sexual commentary. The picture looks surprisingly Flemish in its vivid coloring, loose brushwork, and crowded composition, which suggests that it may date from slightly after Hals's three months in Antwerp during 1616. In that mecca for Netherlandish artists he could have seen great works by Rubens and the early paintings of his own Flemish counterpart, Jacob Jordaens (1593–1678).

N.D.L.R. : Presque contemporain de la Chaslerie.
Self-taught artist Joris Hoefnagel was a pivotal figure in the history of art from the Netherlands, both as the last important Flemish manuscript illuminator and one of the first artists to work in the new genre of still life. A true Renaissance man, Hoefnagel wrote Latin poetry, mastered several languages, played a variety of musical instruments, and sold drawings, in addition to making topographical drawings, maps, oil paintings, and illuminations.

Born to wealthy merchant parents, Hoefnagel traveled to England, France, and Spain in his youth, recording his experiences in topographical drawings. These were later used as models for a six-volume atlas. In the autumn of 1577, after Spanish troops had invaded Antwerp, Hoefnagel journeyed south with cartographer Abraham Ortelius. During this trip, Albert V, duke of Bavaria, hired Hoefnagel as a court artist. It was at this time that Hoefnagel completed his first major work, a multi-volume book of natural history miniatures. In 1591, Hoefnagel was appointed court artist to Holy Roman Emperor Rudolf II, a collector known not just for his art but for his Kunstkammer, or cabinet of curiosities. For Rudolf, Hoefnagel again demonstrated his astounding technical facility when he added illuminations to a manuscript completed thirty years earlier by the celebrated Hungarian scribe Georg Bocskay.

N.D.L.R. : Contemporain de la Chaslerie.